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BCC Garda
25/07/2011
Azzi: sette azioni per la ripresa del Paese*

La ripresa del nostro Paese non sarà frutto né di fortuna, né di (solo) talento o genio individuale.

Per promuovere una nuova stagione di crescita occorrono almeno sette azioni: 1. liberare l’intrapresa; 2. rendere equa la fiscalità; 3. costruire un’efficiente rete di servizi; 4. coltivare l’educazione; 5. favorire l’inclusione; 6. premiare il merito; 7. rimettere al centro il bene comune.

Nonostante alcuni proclami, fare impresa resta spesso un’impresa. In ambito bancario, pluralismo e biodiversità imprenditoriale potrebbero essere a rischio a causa di un processo di regolamentazione sempre più intenso (negli ultimi anni parliamo di due provvedimenti a settimana), elaborato da regolatori sempre più lontani dai territori, talvolta anche da un sano realismo.

C’è sicuramente nel nostro Paese un problema di carico eccessivo della fiscalità, non solo sulle imprese, ma anche sulle famiglie. Associato ad una evasione fiscale rilevante, che in parte lo spiega. Accanto ad alcune proposte quali l’introduzione del quoziente familiare come criterio per la definizione dei carichi contributivi e la tariffazione dei servizi, potrebbe non essere più un tabù parlare di una tassa sui grandi patrimoni.

I servizi rischiano di essere la gamba zoppa della modernizzazione. E mancano gli investimenti in infrastrutture, materiali ed immateriali. Non si tratta solo di strade, aeroporti, snodi navali, rete ferroviaria, idrica, energetica, sistemi di telecomunicazione, ma anche delle più abbordabili opere locali, che puntino al riassetto del territorio, alla sistemazione della rete idrica locale, al recupero urbanistico dei piccoli centri, al risanamento ambientale di coste e aree montane. Ma, soprattutto, dell’investimento in conoscenza, istruzione, ricerca. Perché la nostra capacità competitiva va giocata verso l’alto, non verso il basso delle catene produttive globalizzate. E si tratta di un obiettivo che nessun Paese è in grado di centrare senza la regia e gli investimenti adeguati dello Stato.
Premiare il merito e rimettere al centro il bene comune non hanno bisogno di commenti. Sono azioni, da mettere in atto con urgenza.

L’intermediazione creditizia è un motore dello sviluppo.
Le banche italiane, che non sono responsabili della crisi, in particolare le banche cooperative locali, hanno continuato a rimanere vicine al territorio anche in questi anni difficili. A praticare la grammatica dell’economia reale, meno redditizia e più rischiosa, ma più utile al Paese, rispetto alla chimica della speculazione.
In Italia ancora 8 milioni di adulti sono esclusi dai circuiti bancari, non hanno né un conto corrente né una carta prepagata. In una scala da 0 a 10, è 4,5 l’educazione finanziaria media della nostra popolazione. Ogni 10 transazioni commerciali, 9 avvengono in contanti. Sono dati che pesano quando poi l’individuo, il piccolo imprenditore, si trova nella necessità di richiedere un finanziamento: non ha storia bancaria, i propri flussi di reddito non sono tracciabili, la sua rete commerciale non è verificabile.

C’è spazio per lavorare. Noi ci impegniamo a farlo. Ai regolatori e alla politica chiediamo di creare le condizioni perché ciò sia reso possibile e sia efficace. Soprattutto semplificando la macchina della burocrazia e dell’ipertrofia normativa.

*Pubblichiamo in questa pagina il contributo del Credito Cooperativo al "Manifesto per la ricrescita del Paese"  del Il Sole 24 Ore.

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